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I Giovani delle Acli di Bologna realizzano la tappa locale del progetto “L’Europa che verrà”, nel 2022 Anno europeo dei giovani. Francesco Masina propone “Un viaggio alle radici cristiane dell’Europa”, martedì 29 marzo alle ore 18:30.

La nostra associazione festeggia la fine della fase emergenziale della pandemia con un evento che vuole raccogliere i giovani attorno all’Europa, che dedica il 2022 Anno europeo dei Giovani. L’iniziativa “L’Europa che verrà” ha la sua cornice nella Convenzione sul futuro dell’Europa, che in questi mesi sta avendo luogo in tutti i 27 Paesi membri con lo scopo di dare una voce a tutti i cittadini sul futuro dell’Unione. Il nostro piccolo ma accorato contributo sarà un viaggio alle radici cristiane dell’Europa, per scoprire se i “magnifici 6″, ovvero i Santi Patroni d’Europa che la Chiesa offre come intercessori e modelli, sono dei soprammobili oppure affidabili compagni di viaggio.

Fai clic per ingrandire - La locandinaLa tavola rotonda con i partecipanti della tappa bolognese

Consapevoli che la figura di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo (1956-2022), non è conosciuta come merita, abbiamo ritenuto doveroso svolgere un lavoro di ricerca sui tanti interventi effettuati, sia in occasione dei suoi funerali di Stato (Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, Roma 14 gennaio 2022) sia della commemorazione al Parlamento europeo (Strasburgo, 17 gennaio 2022). Le varie voci qui raccolte ci regalano l’icona di un vero europeo di alto profilo

a cura di Francesco e Paolo Masina

 

David Sassoli al Parlamento europeo (2020)

David Sassoli al Parlamento europeo (2020) - © European Union 2020 - Source : EP

Il 2022 è cominciato con una nota di commosso cordoglio per chi segue la vita dell’Europa: a pochi giorni dalla naturale conclusione del suo mandato di presidente del Parlamento europeo, l’italiano David Sassoli è venuto a mancare per una malattia. La notizia è stata inattesa, pur non essendo segreta la sua condizione di salute problematica, e ha suscitato molta commozione e unanime ammirazione. Un uomo buono, un giornalista appassionato della verità, un politico umile, determinato e fiducioso.

Crediamo che, raramente, nella storia dell’Unione Europea, ci siano state due grandi manifestazioni, di forte portata emotiva, come il funerale di David Sassoli (14 gennaio) e la sua commemorazione al Parlamento Europeo, a Strasburgo (17 gennaio). Dai due eventi – grazie sia alla potente figura di Sassoli, sia ai tanti interventi di eminenti personalità, di familiari e di comuni cittadini – ne è uscita una dimensione alta dell’Europa, una dimensione autentica degna dei Padri fondatori.

Finalmente, hanno pensato tanti cittadini, italiani ed europei, l’Europa ha ritrovato la sua anima: spirito di servizio ai popoli e alle persone, rispetto per ogni differenza, solidarietà, giustizia e soprattutto verità.

La neo Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, ha definito David Sassoli: “Il volto di un’Europa di buona volontà” e ha messo in evidenza il suo “pudore”, il non voler apparire, la sua determinazione , la sua dolcezza. Secondo Metsola, nei confronti di David, le persone si possono dividere in due categorie: “essergli amici o essergli grandi amici”.

Il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che i dirigenti dell’Europa si debbono impegnare a proseguire l’opera di Sassoli, traducendo la sua visione in fatti.

La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha concluso il suo forte intervento con l’augurio tipico degli Scout: “Buona strada, David”.

Ecco, sta qui il segreto di Sassoli: essersi messo sulla strada, per compiere un cammino, per effettuare un percorso, consapevole che c’è tanto da fare ma che se non si comincia, se non si mette mano all’aratro, la terra rimarrà sempre da dissodare.

E tutto con umiltà: colpisce la frase di David ai suoi collaboratori all’indomani della sua elezione a presidente dell’Europarlamento: “Ricordatevi che torneremo zucche!“.

Già dal suo discorso di insediamento come Presidente del Parlamento Europeo si intravedeva la cifra della sua azione politica. Diceva, infatti: “Dobbiamo avere la forza di rilanciare il nostro processo di integrazione, cambiando la nostra Unione per renderla capace di rispondere in modo più forte alle esigenze dei nostri cittadini e per dare risposte vere alle loro preoccupazioni, al loro sempre più diffuso senso di smarrimento. La difesa e la promozione dei nostri valori fondanti di libertà, dignità e solidarietà deve essere perseguita ogni giorno dentro e fuori l’Unione Europea”.

Il sorriso sereno di David Sassoli

Il sorriso sereno di David Sassoli - © European Union 2019 - Source : EP

E ancora: “Sia chiaro a tutti che in Europa nessun governo può uccidere, che il valore della persona e la sua dignità sono il nostro modo per misurare le nostre politiche. Che da noi nessuno può tappare la bocca agli oppositori, che i nostro governi e le istituzioni europee che li rappresentano sono il frutto della democrazia e di libere elezioni”.

Significativa anche la sua ultima intervista a Il Corriere della Sera (14 dicembre 2021): Leggi il resto di questo articolo »

Per i tipi di Cantagalli e con l’introduzione di Papa Francesco, esce un’altra perla per noi cristiani che credono nell’identità e missione dell’Europa. Grazie agli amici di Alleanza Cattolica, che hanno dedicato una serata con Mons. Gianpaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste e fondatore dell’Osservatorio van Thuân per la Dottrina Sociale della Chiesa, che ha più volte avuto uno sguardo appassionato sull’Europa (link alla presentazione del libro).

Il volume, pur intriso di grande realismo, non si chiude con pessimismo e tristezza; al contrario: «Un motivo della mia speranza — scrive — consiste nel fatto che il desiderio di Dio, la ricerca di Dio è profondamente scritta in ogni anima umana e non può scomparire. Certamente, per un certo tempo, si può dimenticare Dio, accantonarlo, occuparsi di altre cose; ma Dio non scompare mai. È semplicemente vero quanto dice sant’Agostino, che noi uomini siamo inquieti finché non abbiamo trovato Dio. Questa inquietudine anche oggi esiste. È la speranza che l’uomo sempre di nuovo, anche oggi, si ponga in cammino verso questo Dio». – Dall’introduzione di Papa Francesco.

 

Il Padre dell’Europa Robert Schuman potrebbe diventare presto Venerabile, primo “gradino” di un processo di beatificazione.  A qualcuno questa prospettiva crea fastidio. Cerchiamo di rassicurare i preoccupati, spiegando perché questa è una bella notizia per chi crede nel sogno europeo.

di Paolo e Francesco Masina

 

In un articolo, apparso il mese scorso su Europa Today, Giulia Maini scrive: “Come spiega Euroactiv, secondo Bernard Ardura, responsabile delle canonizzazioni francesi a Roma, che ha difeso la candidatura di Schuman, il politico “ha dedicato la sua vita al servizio del bene comune, ha cercato la pace per creare una Comunità di Stati europei. È l’opera di un cristiano, serve da esempio e va riconosciuto”. Ma, secondo altri, questo riferimento così esplicito alla cristianità sarebbe solamente deleterio per la natura neutrale dell’Unione, di cui bisognerebbe sottolineare solamente l’identità multiculturale. Molti ribadiscono che la visione dell’UE che emerge dai Trattati sia di neutralità rispetto al fenomeno religioso. Sostengono inoltre che, dato che l’UE non professa la superiorità di alcuna Chiesa o confessione sarebbe ingiusto legare uno degli architetti del progetto europeo ad una religione”.

Riteniamo necessario riprendere le suddette argomentazioni per fare chiarezza.

Se esaminiamo il Trattato sull’Unione europea ci accorgiamo che l’Unione si fonda innanzitutto su dei valori Infatti, il Preambolo afferma che l’Europa si ispira “alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto”.

La pretesa, dunque, di “una neutralità rispetto al fenomeno religioso” non esiste se, tra i valori fondativi, ci sono anche le religioni, a prescindere dall’indicazione delle “radici giudaico-cristiane” che, comunque, nessun laicista potrà mai espellere dalla storia dei due ultimi millenni (e pensiamo anche dei futuri millenni).

Inoltre se l’Europa “deve essere multiculturale” allora ogni cultura deve avere i suoi ideali e i suoi valori, messi anche in pratica, nella vita quotidiana. Altrimenti il “multiculturalismo” può diventare un paravento davanti al nulla.

Se vogliamo restare in punta di diritto, inoltre, dobbiamo riferirci, per la questione specifica, anche al Codice di Diritto Canonico. Circa le cause dei santi la materia è riepilogata nel documento della Congregazione dei Santi, del 2007, “Sanctorum mater”.

Questa è la premessa: “Madre dei Santi, la Chiesa ha sempre custodito la loro memoria, proponendo ai fedeli esempi di santità nella sequela Christi.Lungo i secoli i Romani Pontefici si sono preoccupati di emanare adeguate norme per facilitare il raggiungimento della verità in una materia così importante per la Chiesa”. Se, con pazienza, si esaminano tutti i 150 articoli della Sanctorum Mater si constata come la procedura è molto rigorosa e viene svolta con le caratteristiche di un vero e proprio processo, con numerosi attori e con procedure complesse e rigorose.

Per la dichiarazione di “beato” e poi di “santo” occorre un miracolo, riconosciuto come tale dopo lunghe e rigorose procedure, con la partecipazione anche di esperti e medici non cattolici e anche non credenti.

Ed è quello, il miracolo, che si attende per dichiarare beato Schuman.

Diverso è il caso del martirio in odio alla fede; in questo caso non occorre il miracolo, ma la procedura è ugualmente lunga, complessa e rigorosa, come è avvenuto, ad esempio, per il giudice Rosario Livatino (Beatificazione il 9 maggio 2021, Festa dell’Europa).

Dovremmo essere grati alla Chiesa Cattolica che, in tempi coì difficili, in un “cambiamento d’epoca” e non in un’epoca di cambiamento (come affermato anche da Papa Francesco), ci venga proposto un politico che ha certamente operato per il bene comune, non solo del suo paese ma di tuti i paesi dell’Europa.

Riconoscere Beato una persona significa prendere atto di una realtà che già c’è. Non ha pertanto alcun senso obiettare che „Sarebbe ingiusto legare uno degli architetti del progetto europeo ad una religione”. Quell’architetto del progetto europeo è legato ad una religione, e anzi – proprio la sua adesione al Vangelo gli ha ispirato le azioni politiche per le quali lo stesso Parlamento europeo l’ha riconosciuto Pater Europae.

Riconoscere ufficialmente la Santità di Robert Schuman non significa applicare alla UE la supremazia di una religione, ma mostrare che quella persona è un modello perché ha vissuto santamente l’impegno politico! Il principio della laicità dello Stato è nato sulle labbra di quello stesso Cristo a cui Schuman ha orientato la sua vita privata e quella pubblica:

“Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio” (Mt 22, 22), quindi non è certo una velleità di strategia politica riconoscere un dato di fatto, maturato dopo un adeguato e doveroso discernimento.

Cosa sarebbe, allora, la proclamazione dell’eroicità delle virtù di Schuman? Riconoscere che nella sua vita – sia privata sia pubblica – ha cercato di conformarsi a Cristo nel servizio ai fratelli, nell’ambiente in cui quotidianamente operava e viveva, ovvero l’impegno politico e istituzionale. Privare oggi i fedeli e il mondo di un esempio luminoso di speranza e fiducia, questo sì sarebbe ingiusto.

Proclamare un politico santo è certamente un’operazione sensibile e delicata, perché non significa in automatico apporre il bollino dell’infallibilità a tutto ciò che ha fatto! Sarebbe invece alquanto avvilente che venga privato del giusto riconoscimento un politico valido e virtuoso che ha dimostrato come anche la politica può essere vista come una forma di impegno e nobilitazione propria e altrui.

Come la pandemia ha costretto i Paesi europei a compiere passi senza precedenti verso la fiducia e la corresponsabilità

I negoziati al Consiglio dell'Unione europea (Bruxelles, 21 luglio 2020)

I negoziati al Consiglio dell'Unione europea (Bruxelles, 21 luglio 2020) [Copyright: European Union

Il processo d’integrazione europea, come tutti i grandi progetti, si è sviluppato fin dall’inizio (una data per tutte: 9 maggio 1950, Dichiarazione Schuman) in modo variegato, altalenante, con grandi slanci e improvvise cadute. Di queste ultime, il primo esempio è il progetto della Comunità Europea di Difesa tanto auspicato da uno dei padri dell’Europa, Alcide De Gasperi, e naufragato negli egoismi nazionalistici. Gli avvenimenti storici successivi hanno poi dimostrato che se l’Europa avesse avuto un esercito comune tante situazioni avrebbero potuto avere sviluppi diversi. In questa altalena uno dei punti più bassi è stata la gestione, da parte degli organismi europei, della crisi 2008-2011 e anni successivi – la cosiddetta crisi Lehman Brothers – che ha messo l’Unione di fronte alle fragilità dovuta alle sue molteplici anime, dovuta anche alla concomitante stagione delle numerose adesioni: dal 2004 al 2013 l’UE è passata da 15 a 28 membri (ora 27 dopo la Brexit).

UNA SVOLTA INSPERATA

È con grande entusiasmo e meraviglia, quindi, che poche settimane fa, abbiamo assistito ad uno dei più grandi capovolgimenti della storia dell’integrazione europea: la creazione del Recovery Fund e l’adozione del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, predisposti per affrontare la grande crisi della pandemia. Il primo è il piano di investimenti per 750 miliardi fra prestiti e sovvenzioni, abbinato al secondo che consiste nel bilancio UE dei prossimi 7 anni. In parole molto semplici, gli Stati europei hanno deciso che per far fronte a un’emergenza così acuta è necessario ricorrere ad un debito comune europeo, un tema finora osteggiato dai più. Si potrebbe dire c’è voluto il Covid-19 per “risvegliare” l’UE e i singoli Stati sul fatto che costituire una comunità implica solidarietà e fiducia. L’obiezione è giusta, ma non va dimenticato che il progetto attuale nasce dall’immane conflitto della Seconda guerra mondiale e dalla consapevolezza, soprattutto di italiani, francesi e tedeschi, che nel futuro non ci poteva essere che un progetto di pace, di unione e di corresponsabilità. Leggi il resto di questo articolo »